*O*..me continua allora u.u..xDxD
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________________3 mesi dopo__________________
Quella mattina mi alzai con una consapevolezza strana quanto incredibile.
E con la mia solita energia e gioia. Accesi lo stereo a tutto volume, e sotto le note di “
Identified” di Vanessa Hudgens mi scatenavo, lanciando vestiti da tutte le parti e provando le pettinature più strane.
La cosa veramente insolita era che io sapevo benissimo cosa mettere, ma mi andava di divertirmi.
Alla fine mi infilai i jeans e la maglietta grigia e rosa con su scritto “U rock!”. Ai piedi infilai le converse nere ed in testa, a nascondere la riga da un lato, un cappellino nero.
Presi la sacca preparata il giorno prima e mi diressi in cucina. Mia mamma dormiva ancora, (ha il sonno pesantissimo, come me) così presi un paio di biscotti, una bottiglietta di the, lasciai un biglietto sul tavolo e mi diressi verso la stazione.
La vicinanza del concerto mi faceva sentire quasi nervosa. Che poi, nervosa per cosa? Devi soltanto sentirli, non incontrarli e parlarci.
-Scusami, è libero questo posto?-
Un ragazzo dai capelli castano scuro mi fissava, indicando il posto accanto a me.
Negai con il capo, osservandolo. Non si poteva di certo definire brutto.
-Vai al concerto dei Tokio Hotel scommetto.-
Battei un paio di volte le ciglia, deglutendo.
-Sì, si vede?-
Si scostò una ciocca di capelli dal viso, notai solo allora i suoi occhi color smeraldo.
-No, ho tirato ad indovinare.-
Sorrise, poggiandosi lo zaino sulle gambe.
-Comunque, mi chiamo Tommaso.-
Mi porse la mano, ma io non mi mossi. Ero pietrificata da quel nome, quasi traumatizzata. Fissavo il vuoto con lo sguardo spento.
-Ehi, va tutto bene?-
Annuì alla sua domanda, scuotendo leggermente il capo per riprendermi.
Gli porsi la mano.
-Rossana, ma chiamami pure Sana.-
Sorrise, sorrisi. Il treno si fermò. Ci alzammo.
-Scendi anche te?-
-Sì, io abito vicino all’arena.-
Annuii, ed insieme uscimmo dal treno. Usciti in silenzio dalla stazione, prendemmo direzioni opposte.
-Ehi Sana!-
Mi voltai, Tommaso mi fissava.
-Sì?..-
-Spero di reincontrarti un giorno!-
Sorrisi, alzando la mano.
-Anche io!..Ciao Tom!-
Tom, l’avevo chiamato Tom. Ed ecco che i crampi allo stomaco tornavano a farsi sentire.
Perché quel ragazzo mai visto dal vivo mi faceva stare così male e così bene allo stesso tempo?
Certo che era strano..e tanto.
Arrivai all’arena in pochi minuti, e quello che mi trovai davanti era a dir poco traumatizzante.
Le ragazze erano talmente numerose da fare quasi paura, ma qualcosa mi spingeva ad andare avanti, quella forza che quei quattro ragazzi mi hanno sempre dato, il coraggio.
Me ne stetti in silenzio in un angolino per un pomeriggio intero. Un paio di ragazze ridevano di me, ma le guardai sottecchi senza farci tanto caso. Dopotutto ero abituata, non ero affatto miss Italia e mai lo sarei diventata.
Ed ecco all’improvviso grida e spintoni, avevano aperto i cancelli.
Un respiro profondo, mi spinsi fra la folla, pronta ad ogni tipo di male dovuto a calci e pugni ed anche insulti.
Mi ritrovai abbastanza davanti, non so come.
Quando alzai lo sguardo una fitta al petto mi pietrificò.
Ero di fronte al lato destro del palco, ciò voleva dire che ero praticamente davanti a..lui.
Una ragazza dietro di me mi infilò il gomito nella schiena, spingendomi in avanti.
A frenarmi fù la transenna, che mi strinse le costole come una pressa impedendomi di respirare per un minuto buono.
Quando riuscì finalmente a riprendermi del tutto, e feci per allontanarmi da quell’odiata prima fila, le luci si spensero, pietrificandomi.
Mi ripetei inutilmente di scappare in fondo finchè ero in tempo, di non incrociare la sua figura sfocata dal fumo artificiale, ma era tutto inutile.
All’improvviso vidi una figura con la chitarra, il fumo andava scomparendo e presto lo vidì nitidamente.
Indossava una maglietta rossa ed un cappellino dello stesso colore. Suonava una chitarra bianca e lucida. Si muoveva, beh, a suo modo.
Le mie mani si strinsero con tutta la forza possibile alla transenna.
Ero l’unica a non gridare, l’unica che non piangeva, l’unica a non essere euforica per loro.
Lo vidi abbassare lo sguardo, sentì il grido stridulo di una ragazza accanto a me, ma non mi mossi di un millimetro.
Continuava a fissare un punto fisso, notavo il suo sguardo strano, quasi perplesso. Che stesse guardando me?
Con tutte quelle belle ragazze proprio me doveva fissare?
Non so perché, abbassai lo sguardo. Fissavo il pavimento, mentre ascoltavo quella musica senza battere ciglio.
Con la coda dell’occhio vidi i suoi piedi raggiungere il centro del palco.
Alzai di nuovo lo sguardo ed incontrai quello del cantante. Sorrisi automaticamente, prendendo a cantare assieme a quella figura tanto strana quanto bella. Eppure no, non gridavo. Cantavo e basta, mi godevo le canzoni.
Ed ignoravo il ragazzo che ormai era l’unico soggetto dei miei sogni.
Era veramente strano, io così euforica in tutte le situazioni, mi lasciavo vincere dalla timidezza.
Il concerto passò in un attimo.
La serata migliore della mia vita, tranne che per un piccolo particolare: non riuscii a guardarlo in faccia.